Toumai: l’alba dell’umanità

Che gli uomini e gli scimpanzé abbiano un antenato un comune è una verità oggi assodata e scientificamente incontrovertibile.

Non è poi così difficile immaginarlo, soprattutto dopo aver osservato i loro i comportamenti e le loro espressioni in qualche documentario che racconta e descrive il loro modo di vivere nel loro habitat naturale. Anche dal punto di vista anatomico, gli scimpanzé sono tra gli esseri viventi più simili a noi, non serve essere un esperto di anatomia per capirlo. Infine anche la genetica conferma questa ipotesi: condividiamo con loro quasi il 99% del DNA [1][2].

In pratica, possiamo considerarli dei cugini evolutivi: abbiamo avuto antenati in comune, ma a un certo punto ciascuna delle nostre linee ha preso una strada diversa.

Per fare un semplice paragone: gli antenati comuni tra me e i miei cugini sono i nostri nonni, vissuti nel secolo scorso. L’antenato che umani e scimpanzé condividono, invece, non è conosciuto con certezza, ma si stima che sia vissuto tra i 6 e i 7 milioni di anni fa. Lo suggeriscono sia i reperti fossili, sia le analisi genetiche basate sul cosiddetto “orologio molecolare” [3].

Ma chi era, esattamente, questo antenato comune?

Non si sa, ma uno dei candidati più interessanti per questo ruolo di “nonno” comune è un ominide chiamato Sahelanthropus tchadensis.

Sul suo conto, per la verità, ci sono più dubbi e interrogativi che certezze a causa del limitato numero di reperti fossili ritrovati quindi, per quello che si sa, il Sahelanthropus potrebbe essere l’antenato comune, come pure il primo esemplare della nostra linea evolutiva dopo la separazione da quella degli scimpanzé oppure semplicemente un rappresentante di una linea evolutiva estinta.

In pratica quando si parla di Sahelanthropus ci si riferisce a un esiguo insieme di reperti portati alla luce nel 2001 nel sito archeologico di Toros-Menalia, che si trova nel deserto del Djurab in Ciad. Il deserto del Djurab fa parte di quella fascia di territori semi-aridi che si trova a sud del Shara, che va dal Senegal (Oceano Atlantico) all’Eritrea (Mar Rosso) e che viene chiamata Sahel ( da qui il nome Sahelanthropus).

Il reperto più importante è costituito da un teschio, soprannominato Toumaï e classificato con il codice TM 266-01-60-1, che è stato datato a circa 7 milioni di anni fa e, per questo, è uno dei fossili di ominine più antichi mai ritrovati. La sua appartenenza alla linea evolutiva umana, come già detto, è controversa, ma se fosse confermata con il ritrovamento di altri esemplari, potrebbe davvero essere considerato la specie più vicina al punto di divergenza tra uomini e scimpanzé.

Caratteristiche del Sahelanthropus tchadensis

Dal cranio, gli scienziati hanno dedotto che Sahelanthropus aveva una combinazione di tratti scimmieschi e umani: il cervello era piccolo, simile a quello di uno scimpanzé (330-380 cm3), ma la faccia era più corta e piatta, un po’ più vicina a quella umana. Inoltre, la posizione del foro occipitale, ovvero il punto in cui la colonna vertebrale si collega al cranio, suggerisce che potesse camminare in posizione eretta, o quantomeno stare spesso in posizione bipede. Questa scoperta è affascinante perché la deambulazione bipede è una delle caratteristiche fondamentali degli esseri umani. Inoltre, lo smalto dentario è più spesso di quello di uno scimpanzé, ma meno di quello di un australopiteco mentre i canini sono più corti di quello di uno scimpanzé. Insomma Toumai sembra essere una via di mezzo tra uno scimpanzé e un australopiteco.

In questa tabella uno schema delle caratteristiche principali:

Tratti moderni (australopitecine/uomo) Tratti intermedi Tratti simili allo scimpanzé
Foramen magnum anteriore (indizio postura eretta). Arcata dentaria semi-parabolica (tra una U e parabolica). Capacità cranica limitata 330-380 cm3
Canini ridotti. Smalto dentario più spesso di uno scimpanzé ma meno di un australopiteco. Cresta sopracciliare molto pronunciata  e continua.
Prognatismo limitato. Femore compatibile con deambulazione su nocche.
Arcata dentaria a U ben marcata.

Ipotesi e controversie

Il numero esiguo di reperti fossili rende dificile stabilire con certezza se Toumai faccia parte della nostra linea evolutiva, e se potesse avere, anche saltuariamente, una andatura bipede.

Ciò nonostante da molti è considerato il più antico dei nostri antenati e questa è idea affascianate perché guardando Toumai è come se guardassimo un nostro antenato vissuto 300 mila generazioni fa.

 

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Glossario:

  • Orologio molecolare: L’orologio molecolare è un concetto della biologia evolutiva che si basa sull’idea che le mutazioni genetiche neutre (cioè quelle che non influenzano la sopravvivenza o la riproduzione) si accumulino in modo costante nel tempo in una sequenza di DNA (o proteine). Questo ritmo costante può essere utilizzato come un “orologio” per stimare il tempo trascorso da quando due specie (o geni) hanno avuto un antenato comune. Confrontando le differenze genetiche tra due specie o popolazioni, e conoscendo il tasso di mutazione medio, si può calcolare il tempo trascorso dalla divergenza evolutiva.
  • Foramen magnum: Il forame magno (o foramen magnum, in latino) è una grande apertura alla base del cranio, situata nell’osso occipitale. Il suo nome significa letteralmente “grande foro”.
    Il forame magno è il punto attraverso cui il midollo spinale si collega con il tronco encefalico.
    Da questo foro passano anche arterie vertebrali, vene e nervi accessori. È una struttura cruciale per la comunicazione tra sistema nervoso centrale e resto del corpo. È coinvolto nel posizionamento del cranio sulla colonna vertebrale. Nella paleoantropologia, la posizione del forame magno è un indicatore importante della postura perché nelle specie bipedi (come l’uomo), il forame magno è più centrale e anteriore, per permettere al cranio di stare in equilibrio sopra la colonna vertebrale. Nei quadrupedi, è posteriore, perché il cranio si estende in avanti rispetto alla colonna.
  • Generazione: Per generazione umana si intende l’intervallo di tempo medio tra la nascita di un genitore e la nascita del suo figlio. In altre parole, rappresenta il ciclo riproduttivo medio degli esseri umani. In genetica ed evoluzione, si stima che una generazione umana duri in media 25–30 anni. In demografia, il valore può variare in base a epoche, culture e contesti socioeconomici, per esempio nelle società moderne una generazione è di circa 28–30 anni, mentre, in passato, nelle società agricole o preindustriali, era di 20–25 anni, perché le persone avevano figli più giovani.

Fonti e riferimenti

  1. Geni specifici di Homo sapiens, Wikipedia.
  2. Similitudini tra lo scimpanzè e l’uomo, Istituto Jane Goodall per l’Italia.
  3. Orologio molecolare, Wikipedia,
  4. I nostri antenati: quando l’uomo è diventato tale, questo blog.
  5. L’impero degli scimpanzé, documentario su Netflix.
  6. Osservare l’Evoluzione Umana, slides del prof. Damiano Marchi (Unipi).
  7. Toumai the oldest human ancestor, documentario su MagellanoTV.
  8. Non ominino, ma ancora scimmia: il Sahelanthropus tchadensis non camminava su due piedi su UnipiNews.
  9. The curse of Toumaï: an ancient skull, a disputed femur and a bitter feud over humanity’s origins di Scott Sayare, The Guardian.

 

 

 

2 giorni ago

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